Sant'Ivo di Bretagna

Non a tutti è noto che il Santo patrono di avvocati, magistrati, notai e uomini di legge è san'Ivo di Bretagna, la cui memoria liturgica è celebrata il 19 maggio di ogni anno.Yves (italianizzato in Ivo) Hélory de Kermartin nacque il 17 ottobre 1235 nel castello di Le Minihy, nei pressi di Tréguier (capoluogo storico del Trégor, provincia settentrionale della Bretagna) da una famiglia di condizione agiata seppur non appartenente all'alta nobiltà bretone. Venne cresciuto piamente dalla devota madre fino all'età di quattordici anni, quando partì alla volta di Parigi, per compiere gli studi di filosofia e teologia, insieme al suo precettore e futuro discepolo Giovanni di Kerhoz. Per dieci anni studiò teologia presso l'università di Parigi, sotto il magistero del francescano san Bonaventura da Bagnoregio, per trasferirsi, poi, ad Orléans ove approfondì gli studi giuridici, in particolare, del diritto canonico e romano. Sia a Parigi che ad Orléans, Ivo si distinse per la serietà e la passione nello studio, mostrando un'indole quanto mai dolce, caritatevole ed improntata all'esempio cristiano di attenzione e cura del prossimo e dei soggetti più deboli.

A 27 anni assunse la carica di Ufficiale di Giustizia Ecclesiastica per nomina dell'arcidiacono di Rennes. Nel 1284, il suo Vescovo lo chiamò presso di sé per affidargli la medesima carica, consacrandolo sacerdote, benché Ivo si dichiarasse indegno di tanto onore.

Esercitò la professione forense presso i Tribunali di Rennes e di Tréguier diventando, ben presto, punto di riferimento per i deboli ed i poveri in cerca di giustizia e dignità, istituendo per primo una sorta di 'gratuito patrocinio'.

Il castello di famiglia di Kermatin divenne ricovero per tutti i mendicanti ed i poveri della regione. L'impegno e la professionalità profuse nel difendere gli 'ultimi' corrispondevano al fervore ed alla passione nel predicare la Buona Novella e nel vivere di Carità cristiana: si narra che un venerdì santo, in estasi mistica, predicò per ben sette volte. Lasciò le belle e dignitose vesti di Ufficiale di Giustizia per indossare le umili tuniche di stoppa dei contadini, donando tutti gli altri suoi vestiti ai più bisognosi.

Senza mai abbandonare l'attività forense, fu incaricato dal proprio Vescovo di curare la parrocchia di Trendez e, nel 1292, quella di Lounnec, che sollevò dalle misere condizioni spirituali in cui si trovavano. Non tralasciò, invero, la predicazione nelle altre parrocchie della regione, ove si recava a piedi portando con sé solamente la Bibbia, il Breviario e la propria straordinaria capacità oratoria al servizio della parola di Dio.

Durante la sua vita, scrisse molto sulle leggi ed il suo 'Decretum' ebbe notevole influenza sul diritto canonico.

Nel 1298, si ritirò nella propria dimora di Kermartin, diventata ormai vero e proprio ostello e rifugio di bisognosi, poveri e derelitti della società. Nella più totale povertà, si spense il 19 maggio 1303.

La fama di santità e la dimensione spirituale dell'umile avvocato bretone fu da subito assai grande, tanto che poche ore dopo la sua morte la folla già si accalcava nel castello di famiglia per spartirsi brandelli delle sue povere vesti e farne reliquie da adorare. Fin da quello stesso giorno, il popolo, il clero, le autorità civili, i duchi Giovanni III e Carlo di Monfort e perfino il Re di Francia, Filippo IV di Valois, ne reclamarono la canonizzazione.

La procedura di canonizzazione fu rapida, figlia della sterminata ammirazione per la sua vita e la sua opera nei confronti degli 'ultimi', tanto che papa Clemente VI lo proclamò santo il 19 maggio 1347.

La Chiesa lo ricorda con il seguente martirologio: “in un castello vicino a Tréguir in Bretagna in Francia, sant’Ivo, sacerdote, che osservò la giustizia senza distinzione di persone, favorì la concordia, difese le cause degli orfani, delle vedove e dei poveri per amore di Cristo e accolse in casa sua i bisognosi”.

Fin dal XIV secolo, il Santo di Bretagna visse un culto straordinario, diffuso, in particolare, dai marinai bretoni che portavano le gesta e la devozione di sant'Ivo in ogni luogo di sbarco e perfino in Canada, divenendo, a pieno titolo, il Santo protettore di Bretagna. Ancora oggi, in Bretagna, è frequente il detto 'Sanctus Yvi erat Breto, advocatus et non latro, res miranda populo' (Sant'Ivo era bretone, avvocato e non ladro, una meraviglia agli occhi del popolo).

 

Quale rapporto, dunque, tra l'agiografia di sant'Ivo di Bretagna e la professione forense del XXI secolo, improntata all'impegno, al dinamismo ed alla competitività?

Si tratta di una forma di legittimazione storica del ruolo dell'avvocato? Di un bell'esempio del retaggio sociale del Medioevo europeo? Di ammirevole ricordo della costante presenza dell'avvocatura nella società occidentale?

A ben vedere la nobile figura del Santo di Bretagna è molto di più. Se è vero che solo colui che ha vissuto con opere costanti il Vangelo ed ha improntato la propria esistenza terrena negli insegnamenti della Parola possa essere definito 'santo', la vita di sant'Ivo di Bretagna è chiaro esempio di come la natura umana possa tendere al divino con la semplicità di piccoli gesti ed importanti azioni a beneficio degli altri. La vita del santo avvocato può essere ispirazione nella semplicità quotidiana, dimostrando come non siano necessarie gesta straordinarie o memorabili, ma come, al contrario, siano le semplici azioni ad avvicinare lo spirito alla grazia divina.

Sant'Ivo legittima e nobilita la figura dell'avvocato contemporaneo ma costituisce anche modello d'esempio per la quotidianità del giurista, che da lui può trarre ispirazione.

L'esperienza storica e sociale del Santo è, senza dubbio, assai distante dalla nostra. Tuttavia è occasione di profonda riflessione sul ruolo sociale della professione forense quando si pensi alle occasioni in cui si patrocina e difende con impegno ed altissima professionalità pur non proporzionati al ritorno economico dell'avvocato o, ancora, a quei casi in cui il giusto e doveroso compenso per l'attività prestata è posto in secondo piano pur di evitare l'ingiustizia a danno dei più deboli. Non è casuale, infatti, che il lustro della Carità cristiana di tali nobili condotte dei professionisti forensi, trovi il proprio civile fondamento nell'adempimento dei doveri di solidarietà di cui all'art. 2 della nostra Carta Costituzionale.

Sant'Ivo è riuscito a dar sintesi alla grande dicotomia filosofica dell'Occidente, che contrappone Scienza a Religione, insegnando come la scienza (del diritto) sia strumento che permette di conoscere la realtà sociale ed umana fin nelle sue profondità e come questa sia oggetto della Creazione nel segno dell'Amore 'nec cives ad arma veniant' (affinché gli uomini non vengano alle armi). Il Santo di Bretagna non converge unicamente al piano metafisico irrazionale nell'analisi dell'uomo e della sua essenza, ma vive la ratio del diritto al fine di scoprire la Verità profonda in ognuno di noi.

A chi scrive queste poche righe piace pensare che un po' del nobile spirito di sant'Ivo viva, ogni giorno, in tutti quei colleghi che, senza conoscere pause o soste, incontrano e ascoltano ripetutamente i propri assistiti, facendo quanto possibile perché le informazioni e le risposte alle loro domande possano lasciarli più sereni e consapevoli. E che, ancora, viva in quanti costantemente, diligentemente ed instancabilmente si aggiornano e studiano, riscuotendo la stima e l’apprezzamento della loro cerchia sociale.

La figura del Santo protettore degli uomini di legge può costituire guida ispiratrice nel vivere la difficile professione della giustizia e nel fondamentale ruolo sociale che da sempre ricopre per l'uomo, diventando dolce conforto nei momenti di difficoltà, in cui pare ancora più arduo dare lustro all'onorevole mestiere dell'avvocato.